(aggiornamento ore 14.09 – di Stefano Cucco) Ormai è emergenza Medici di Medicina Generale, ovvero i vecchi medici di base. La carenza si fa sentire in tutta Italia e anche la provincia di Verona non ne è esente. Ultimi Comuni in ordine di tempo a segnalare problemi sono Isola della Scala e Vigasio. Già da questa primavera almeno quattro residenti su 10 potrebbero rimanere senza un medico di riferimento. E questo non sarebbe che l’inizio. La stessa situazione rischia in prospettiva di manifestarsi anche ad Erbé, Trevenzuolo e Nogarole Rocca, gli altri tre Comuni che fanno parte dell’Associazione funzionale territoriale (Aft) con la quale è organizzato il servizio di Medicina Generale in questo territorio.

L’ambito conta circa 30mila abitanti, di cui 25mila hanno superato l’età pediatrica e sono attualmente seguiti da 16 medici di Medicina Generale. “Entro tre mesi”, spiega Silvio Mantovani, medico di Isola della Scala e responsabile dell’Aft, “dovremo fare i conti con un numero importante di uscite. Ad Isola della Scala, che è il Comune più grande dell’Atf, lasceranno il lavoro ben tre professionisti su otto. In un paio di casi si tratterà di pensionamenti, mentre nel terzo questa situazione sarà conseguente ad una rinuncia all’incarico. Solo uno di loro sarà sostituito, ma il nuovo medico non potrà prendere in carico più di 650 pazienti, visto che ancora deve concludere la Scuola di medicina generale. Sta, infatti, completando la specializzazione che consente di operare a pieno titolo nell’ambito di quella che un tempo veniva definita come la medicina di base”. Insomma, una situazione da allarme rosso per i mutuati del territorio.

“Anche se alcuni medici”, prosegue Mantovani, “come il sottoscritto, hanno aumentato il numero dei propri pazienti, se non cambierà nulla, qui fra poco ci saranno ben quattromila persone su diecimila senza un medico”. Anche nella vicina Vigasio la situazione è tragica. Infatti, nella popolosa frazione di Forette la tradizionale presenza del medico di famiglia sembra essere diventato l’oggetto del desiderio impossibile per molti cittadini.

“Da quando”, spiega Eddi Tosi, primo cittadino di Vigasio, “è andato in pensione il medico di base che aveva per anni gestito l’ambulatorio la situazione è diventata sempre più precaria. I medici rimangono pochi mesi e poi, per un motivo o per l’altro, se ne vanno. Non intendo dire nulla in merito alle loro decisioni, però sta di fatto che da queste conseguono disagi soprattutto per gli anziani e per chi ha delle patologie croniche. Nel giro di poco, se non bastasse, uno degli altri tre medici attivi sul territorio comunale andrà in pensione”.

Insomma”, conclude Mantovani, “stiamo pagando le conseguenze di una carenza di medici che era stata preannunciata, ma per fronteggiare la quale non sono state fatte scelte adeguate. Già cinque anni fa si sapeva che questo sarebbe stato un anno difficile. Ma il bello deve ancora arrivare. Secondo alcune stime nel 2027 ben 20 milioni di italiani saranno senza un medico di famiglia. Una situazione che, anche se non a brevissimo, potrebbe manifestarsi anche ad Erbé, Trevenzuolo e Nogarole Rocca”.

“L’emergenza dei medici di famiglia è tale perché per troppo tempo si è fatto finta di niente. Se non è possibile preventivare le dimissioni, i pensionamenti sono invece noti da anni. Perché non ci si è mossi in anticipo?”. Così Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito democratico e vicepresidente della commissione Sanità, commenta la situazione critica nell’area di Villafranca Veronese, in particolare a Isola della Scala e a Vigasio dove entro primavera un terzo dei professionisti attualmente in carica lascerà il proprio posto. 

“Non è accettabile che quattro cittadini su dieci restino senza medico di famiglia né che l’unica risposta possibile a questa carenza sia l’incremento del massimale dei pazienti per chi rimane, visto che i numeri sono già oggi insostenibili. Il Veneto è primo in Italia per zone carenti e Verona è una delle province più in difficoltà. Nessuno nega gli errori nella programmazione nazionale che partono da lontano, ma non possono rappresentare un alibi: la Regione investa maggiori risorse per incentivare gli incarichi nelle zone disagiate, assumere personale amministrativo di supporto e favorire le forme associative”.