(di Stefano Cucco) L’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche ha reso noto che supera ormai i 15 chilometri, la risalita del cuneo salino lungo il fiume Po, che al rilevamento di Pontelagoscuro è sceso al di sotto dei minimi storici, toccando i 301,6 metri cubi al secondo, molto al di sotto della soglia critica, fissata a mc/sec 450. Ciò ha già costretto a sospendere l’irrigazione in alcune zone di Porto Tolle ed Ariano, nel Polesine rodigino, dove sono state attivate pompe mobili d’emergenza per garantire la sopravvivenza delle colture.

“E’ un fenomeno invisibile, ma che sta sconvolgendo l’equilibrio ambientale del delta polesano”, commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). “Se la situazione persisterà, entro la settimana prossima saranno contaminate le prime falde destinate all’uso potabile”. Molto grave è la situazione idrica anche nel resto del Veneto, dove tutti i corsi d’acqua, ad eccezione del Bacchiglione, registrano decrescite vertiginose: il bollettino pluviometrico regionale segnala come, a maggio, il deficit sia stato del 46%, mentre in alcuni bacini si sia arrivati addirittura ad oltre il 70% (Lemene -77%, Pianura tra Livenza e Piave – 73%) o poco meno (Tagliamento -67%, Sile -61%); l’indice SPI (Standardized Precipitation Index) annuale certifica una regione in larga parte colpita da estrema siccità.

Il secondo fiume italiano, l’Adige, ad esempio, alla stazione di Boara Pisani segna un livello idrometrico, inferiore di oltre m. 2,20 a quello dell’anno scorso e di circa un metro rispetto al 2017.

“Catastrofica” viene altresì definita la situazione idrica ai Castelli Romani, dove i laghi sono ai minimi storici con deficit idrico quantificabile in 50 milioni di metri cubi: il bacino di Nemi ha un livello medio (cm. 50), inferiore di oltre un metro a quello registrato nello stesso periodo dell’anno scorso (cm. 162).

“In queste zone”, precisa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, “ le conseguenze dei cambiamenti climatici si sommano ad un’eccessiva pressione antropica, maturata negli anni ed i cui prelievi idrici hanno abbassato la falda a livelli tali da rendere ormai impossibile la ricarica degli specchi lacustri, le cui acque altresì sono richiamate nel sottosuolo”. Rimanendo nel Lazio, anche le altezze idrometriche del fiume Tevere sono inferiori a quelle delle annualità precedenti e livelli minimi si registrano anche per Sacco ed Aniene.

La più volte evidenziata “tropicalizzazione” del clima ha, per estremo contrappasso, registrato dannosi episodi di maltempo con conseguente dissesto idrogeologico in Veneto (nelle province di Belluno, Vicenza, Verona) e Trentino Alto Adige (a Predazzo, in val Ridanna, Bassa Pusteria, Val di Non e nell’Alta Valle dell’Isarco), ma anche in Lombardia (a Casalzuigno, nel Varesotto, sono caduti 70 millimetri di pioggia in pochi minuti). Ciò nonostante, calano i livelli dei laghi d’Iseo e di Como, così come del Maggiore, che è ormai a pochi centimetri dal minimo storico.

In Valle d’Aosta cala il torrente Lys ed anche la Dora Baltea ha portate inferiori agli anni scorsi. Esemplare è l’analisi dell’indice semestrale SPI sul Piemonte: indica una condizione di siccità estrema su circa il 90% della regione, dove il bollettino pluviometrico di Maggio segnala un deficit pari al 23,4% con punta record del 60,9% nel bacino dell’Agogna-Terdoppio (52,4% nel Cervo e il 49,1 nell’Orba); in questo quadro si evidenziano i cali di portata nel Tanaro e nella Stura di Demonte. Nel Nord-Ovest, a beneficiare delle recenti, quanto violente piogge, pare essere stato il fiume Adda, che registra un aumento di portata, pur rimanendo ai livelli più bassi in anni recenti.

Rimane, al contempo, molto grave la situazione delle riserve idriche della Lombardia, dove la neve è già quasi completamente sciolta (l’82% in meno rispetto alla media storica, ma anche -90% in meno rispetto ad un 2021 già caratterizzato dalla carenza d’acqua): d’ora in avanti si potrà fare affidamento solo sulle precipitazioni, avendo poca acqua stoccata nei bacini e niente neve sui monti. In Emilia Romagna, dove il 50% del territorio presenta un bilancio idro-climatico da bollino rosso, le portate dei fiumi continuano inesorabilmente a calare con il Reno, che scende sotto i minimi storici e l’unico corso d’acqua, che si possa definire “in salute” è il Panaro. Il quadro idrico complessivo è tutt’altro che roseo e, in assenza di significative precipitazioni, metterà a repentaglio la continuità del prelievo di livelli costanti d’acqua indispensabile all’agricoltura, delineando uno scenario simile a quello dell’estate più inoltrata. Sulla Toscana, a maggio, le piogge sono state dal 50% al 70% in meno rispetto alla media storica (mm.29 invece di mm.71) con record negativi sui bacini dei fiumi Fiora ed Ombrone sud-orientale (sono caduti mm. 19 ca.); l’Arno scende ad una portata di mc/sec 7,83 mc/s ed anche il Serchio vede una portata più che dimezzata rispetto alla scorsa settimana.

Nelle Marche, l’estate si prospetta complessa come quella dell’anno scorso, in quanto i livelli dei fiumi stanno continuando a decrescere in maniera consistente: il Sentino è solo 5 centimetri al di sopra del minimo storico, che l’anno scorso era stato toccato soltanto alla fine di Agosto. Resta confortante la situazione negli invasi, che continuano a contenere circa 4 milioni di metri cubi d’acqua di più dell’anno scorso. E’ difficile la situazione idrica anche in Umbria: il lago Trasimeno segna il livello più basso dal Maggio 2003; nella Bassa Valle del Tevere, il “fiume di Roma”, a Maggio ha registrato la media mensile più bassa dal ’96; i volumi della diga Maroggia sono ai minimi del recente quadriennio. In controtendenza è invece l’Abruzzo dove , nonostante le scarse precipitazioni del mese scorso, l’invaso della diga di Penne registra il record di acqua invasata dal 2017.

In Campania, il rischio di siccità permane nei bacini dei fiumi Garigliano e Volturno, i cui livelli idrometrici si presentano in netto calo, ma ormai lambisce anche quello del Sele, la cui portata è in lieve flessione come quella del Sarno; inoltre, si segnalano in deciso calo i volumi dei bacini del Cilento e del lago di Conza. In Basilicata, dove a maggio sono caduti circa 45 millimetri di pioggia, i livelli medi del fiume Agri sono più bassi rispetto agli anni precedenti e dai bacini artificiali è attinto 1 milione di metri cubi d’acqua al giorno. Più cospicui sono i prelievi dagli invasi della Puglia, dove in una settimana sono stati utilizzati circa 11 milioni di metri cubi di risorsa idrica.

In Sardegna, infine, è definito un “livello di pericolo” per i serbatoi appartenenti ai sistemi idrici Nord-Occidentale, Alto Cixerri, Alto Coghinas; buone invece le performances registrate nei bacini appartenenti ai sistemi idrici di Gallura e Tirso-Flumendosa. La crisi idrica, che si sta registrando in Italia, sarà infine al centro del workshop organizzato da ANBI, nella propria sede a Roma, con rappresentanti della Commissioni Agricoltura di Camera e Senato, in calendario martedì 14 giugno prossimo con il significativo titolo “Deflusso Ecologico, Osservatorio ANBI, Futuro climatico”.