(di Elisabetta Tosi) La situazione generale è quanto mai incerta, complicata e in continua evoluzione, ma nonostante tutto l’Italia del vino si batte bene e in essa il sistema Valpolicella vanta performance di tutto rispetto. Sono numerosi i segnali positivi presenti nel quadro complessivo che si evince dai dati illustrati da Michele Zanotto (Funzione Studi e Ricerche del Banco BPM) e dal presidente del Consorzio Valpolicella Christian Marchesini in occasione della conferenza inaugurale di Amarone Opera Prima.

In scena in questi giorni presso il Palazzo della  Gran Guardia di Verona, il tradizionale appuntamento di presentazione della nuova annata in commercio di Amarone della Valpolicella (questa volta tocca alla 2017) ha messo in evidenza i numerosi punti di forza della denominazione, pur senza negare le numerosi criticità, determinate da una serie di situazioni (normative in evoluzione, conflitto russo-ucraino, transizione ecologica, ecc). In un clima di così elevata incertezza è difficile fare previsioni a medio e lungo termine, ma se si guarda al vicino passato si notano alcuni indicatori che fanno ben sperare.

Nell’anno della pandemia, il 2020, molti settori hanno registrato una flessione dei margini e un calo di fatturato, ma quello denunciato da vino italiano è stato uno dei più contenuti: solo -7,7%, contro il -43,4 % del settore alloggi ristorazione e agenzie viaggio.

Addirittura, proprio nel 2020 i vini veronesi hanno visto un margine operativo lordo in crescita (9,8%, contro il 9,5% del 2019). Nell’immediato futuro (2022-2023), la domanda di vino è prevista in aumento, sia pure a fronte di margini più bassi a causa dell’incremento dei costi delle materie prime. E anche se la pandemia ha eroso i valori reddituali di tutti i campioni (suddivisi in luxury, premium, classic), la Valpolicella vince il confronto con la media italiana di fascia premium grazie all’Amarone, che spinge l’intera denominazione verso il segmento luxury.

Risulta così che nell’annus horribilis 2020 l’utile netto registrato dalle cantine della Valpolicella si è attestato al 6,4%, contro una media dello 0,4% del segmento premium, e del -2,6% per il classic (12,4% il luxury), e con un patrimonio netto nettamente superiore (54,7% vs 43%).

“Più alta è la qualità, più le imprese sono liquide e solide dal punto di vista finanziario” ha detto Michele Zanotto  “E il livello di liquidità della Valpolicella è ottimo”. Se si parla di vendite poi, Amarone e Ripasso continuano a fare la parte del leone: sono loro i motori della crescita. Nel biennio 2020-2021 il 65% dei vini Valpolicella ha preso la via dell’estero, un dato superiore a quello nazionale, che si è fermato al 56% circa. Questo però non deve distogliere l’attenzione dal mercato interno, che resta importante e da presidiare anche e soprattutto in un momento in cui, con l’inflazione superiore al 6%, i consumatori saranno costretti a rivedere i loro comportamenti, pianificando gli acquisti, razionalizzando la spesa, usando ancora di più le promozioni.

“Standard qualitativi alti garantiscono la tenuta del prezzo medio­­ anche nel mercato interno”

Nonostante ciò, pur a fronte di un risparmio sullo scontrino il 70% dei consumatori non sembra disposto a rinunciare a comprare italiano: per questo la qualità continuerà a essere un driver di scelta, così come l’origine certificata dei prodotti, si tratti di prodotti alimentari in generale o di vini. “Questo studio dimostra come sia importante per una denominazione come la nostra mantenere standard qualitativi elevati, con un adeguato posizionamento del prezzo medio – ha detto il presidente del Consorzio Marchesini – In questo senso, l’Amarone contribuisce in maniera determinante alle spalle larghe evidenziate dalle imprese nei loro bilanci anche in un periodo non certo facile del recente passato”. Anche se negli ultimi 10 anni la crescita della superficie vitata è stata significativa (da 6.835 ettari nel 2011 a 8.573 nel 2021, con un aumento medio di 174 ettari l’anno) e altrettanto notevole è stato l’aumento della produzione di uva, sia fresca che appassita (nel 2011 i quintali di uva erano rispettivamente 820.179 e 310.96, contro i 838.650 e 366.79 del 2021), lo scorso anno si era chiuso con un balzo senza precedenti delle vendite (+16% l’incremento tendenziale in valore), grazie in particolare a un export in crescita dell’8%, con un prezzo medio in forte ascesa e anche ad un aumento della domanda  italiana del 31%.

Protagonista principale di questo exploit era stato ancora una volta l’Amarone. Secondo l’indagine compiuta da Nomisma Wine Monitor su un campione rappresentativo di oltre il 40% del mercato, il re dei rossi della Valpolicella era infatti cresciuto del  24% nelle vendite,  con l’export a +16% e addirittura un +39% a valore sul mercato interno. Canada, Stati Uniti e Svizzera i mercati che anche nel 2021 avevano dato più soddisfazione ai produttori,  seguiti da Regno Unito e Germania.