(di Stefano Cucco) Il “combinato disposto” tra la siccità peggiore in anni recenti e temperature superiori al bollente 2003, toccando i 40 gradi a fine giugno, stanno portando l’Italia verso una drammatica contingenza ambientale ed economica; è la linea del Garda, l’ultima speranza idrica per ristorare l’esangue fiume Po e contrastare la risalita del cuneo salino, che ormai sta pericolosamente marciando verso i 20 chilometri all’interno della pianura di Ferrara: ad indicarlo è il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che segnala come la carenza d’acqua stia ormai coinvolgendo anche non facili rapporti transfrontalieri internazionali quali la gestione delle acque del lago Maggiore con la Svizzera e del fiume Isonzo con la Slovenia.

“E’ questa un’ulteriore prova della necessità che, di fronte, ad un’emergenza idrica della gravità attuale, serva una gestione nazionale, capace di rapportarsi a livelli superiori, dovendo al contempo gestire le inevitabili tensioni fra portatori d’interesse”, commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). Dal Nord Italia la crisi idrica sta ampliandosi giorno dopo giorno al Centro Italia, dove l’epicentro sta caratterizzandosi nel Lazio: grave è la situazione nel territorio dei Castelli Romani, dove i due laghi vulcanici, non avendo immissari naturali, dipendono principalmente dagli apporti pluviali, calati localmente di oltre il 75%, segnando il dato peggiore da inizio secolo.

Proprio nel territorio dei Colli Albani, alimentato dagli acquedotti Simbrivio e Doganella, circa 180mila persone rischiano turnazioni idriche. Per quanto riguarda l’acqua potabile, al momento le turnazioni riguardano 22 comuni in provincia di Frosinone, mentre altri 18 hanno avuto un abbassamento della pressione, interessando complessivamente 21.000 persone; si prevede che nel Viterbese, prossimamente, saranno 14 comuni e 60.000 abitanti ad avere problemi di approvvigionamento potabile, così come potrebbero essere 70.000 in provincia di Rieti (oggi ne sono toccate circa 10.000 persone). In linea con questo trend negativo è anche la provincia di Roma, dove attualmente la pressione idrica è stata ridotta nelle condutture di 5 comuni. Sulla regione ed in generale lungo la fascia tirrenica centro—settentrionale, l’indice SPI (Standardized Precipitation Index) fotografa una situazione peggiore di quella del siccitosissimo 2017, impattando negativamente anche sulle disponibilità d’acqua in falda.

Continuano a calare vistosamente anche fiumi e bacini laziali: l’Aniene ha portata dimezzata, il Tevere è ai livelli minimi in anni recenti, il Sacco è sempre più a secco; il livello del lago di Nemi precipita a -1,88 metri (l’anno scorso era a +1,6 metri) ed anche il lago di Bracciano registra un’ulteriore decrescita. Marcato è il calo di precipitazioni sul Lazio: il record negativo è di Ladispoli (solo 83 mm caduti dall’inizio del 2022, quando la media si aggira su mm. 300), ma anche a Roma si registrano cali del 63%, che sfiorano il 100% a Maggio sull’Agro Pontino. I grandi bacini del Nord sono ai livelli minimi: i laghi di Como (13,5% di riempimento) e d’Iseo sono ormai vicini al record negativo, già più volte superato invece dal lago Maggiore oggi riempito al 20%.

L’anno scorso, già caratterizzato al Nord da una sempre più ricorrente siccità, i bacini settentrionali erano in questo periodo ancora oltre il 90% del riempimento e la neve sui monti era abbondante ben oltre la media. Il fiume Po continua a registrare una magra epocale lungo tutto il corso: al rilevamento finale di Pontelagoscuro, la portata si è dimezzata in 2 settimane, scendendo a poco più di 170 metri cubi al secondo, quando la soglia critica per la risalita del cuneo salino è fissata a mc/s 450.

In Piemonte, ad eccezione della Stura di Lanzo, decrescono tutti fiumi ed il Tanaro è al 30% della portata di 12 mesi fa. In Valle d’Aosta, la Dora Baltea si attesta sui valori minimi in anni recenti ed è ormai siccità estrema nelle zone centro-orientali della regione. In Lombardia, le portate del fiume Adda, nel cui bacino idrografico le precipitazioni sono state finora di 270 millimetri contro una media di mm. 460, sono inferiori del 67% al consueto così come sono -54% sul Brembo, -63% sul Serio , -64% sull’Oglio; sciolta in anticipo tutta la neve in montagna, la riserva idrica regionale è il 60% della media.

Non va meglio a Nord-Est dove, in Veneto, il fiume Adige ha un’altezza idrometrica, inferiore di 2 metri e mezzo rispetto all’anno passato e di circa 20 centimetri rispetto all’ “annus horribilis” 2017; anche la Livenza è a -2 metri rispetto al livello 2021. In Friuli, i serbatoi nei bacini della Livenza e del Tagliamento mantengono valori prossimi od inferiori ai minimi storici del periodo.

Temperature anomale (+2 gradi sulla media del mese) fanno del mese di Maggio 2022, il più caldo dall’800 nell’Italia centrale, con siccità estrema nei territori di Alto Tevere, Basso Tevere e Costa Tirrenica; il versante orientale degli Appennini, già in grave sofferenza idrica nel 2021, torna a mostrare sintomi di crisi. In Toscana, il livello nel bacino di Massaciuccoli (il lago di Puccini) cala di 4 millimetri al giorno ed è a soli 2 centimetri dal minimo storico (-13,1), mentre al confine tra Umbria e Toscana, il lago di Chiusi ha una quota idrometrica inferiore a quella (m. 248,5 s.l.m.), per cui è prevista la sospensione dei prelievi. Continuano a ridursi le portate dei fiumi Arno (ad Empoli mc/s 7,38) e Serchio, mentre nell’Ombrone scorrono appena malapena 640 litri d’acqua al secondo. Desta infine grande preoccupazione, la scarsità d’acqua nella falda costiera livornese, oggi al di sotto dei minimi storici.

Nelle Marche, dove il deficit pluviometrico a Maggio ha raggiunto il 40%, i fiumi registrano cali, che li portano a valori simili, se non inferiori (Esino e Sentino, ad esempio) a quelli dell’anno scorso. Le dighe trattengono 47 milioni di metri cubi, volume sicuramente superiore al 2021, ma inferiore al triennio precedente. “E’ comunque la presenza di bacini a garantire, nonostante gli scarsi afflussi da monte, l’acqua necessaria all’agricoltura di valle”, precisa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI. “Chiamarli invasi o laghetti poco importa: servono aree di raccolta delle acque piovane per utilizzarle nei momenti di bisogno; noi, insieme a Coldiretti, abbiamo un piano, che punta a realizzarne 10.000 entro il 2030, multifunzionali ed integrati nei territori perlopiù collinari o di pianura”.

In Umbria, la portata del fiume Tevere è ben al di sotto della media storica, garantendo solo il deflusso minimo vitale così come il Chiascio e il Chiani, mentre è praticamente azzerata è la portata del Paglia. Il deficit pluviometrico di maggio in Abruzzo arriva a toccare il 100% in diverse stazioni di rilevamento; da inizio anno, i record negativi si registrano nella Marsica, al confine con il Lazio: l’acqua caduta è stata tra i 280 ed i 350 millimetri in meno. In Campania calano i livelli idrometrici dei fiumi Volturno e Sele, ma soprattutto Garigliano, così come sono in discesa i volumi trattenuti nei bacini del Cilento, permanendo così il rischio di siccità. In Basilicata, questa settimana, dai bacini sono stati distribuiti 11 milioni di metri cubi d’acqua (12 mesi fa furono 8 milioni e mezzo). Numeri simili di utilizzo idrico in agricoltura si registrano anche in Puglia, dove però gli invasi continuano a trattenere una quantità d’acqua pari a quanta ve ne era nella positiva annata 2021. Infine, in Calabria, è in media con gli anni scorsi, la quantità di risorsa idrica, stoccata nell’invaso della diga di monte Marello, mentre il bacino Sant’Anna ad Isola Capo Rizzuto registra la peggiore performance degli ultimi 7 anni.