Sono oltre 10 milioni gli italiani che soffrono di pollinosi, cioè di quell’allergia stagionale ai pollini che una volta chiamavano ‘raffreddore’ o ‘febbre del fieno’ che quand’è primavera produce una fastidiosissima rinite allergica, di solito accompagnata anche da una congiuntivite e, nei casi più importanti, da asma. Dal congresso della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica che si è tenuto a Verona nello scorso fine settimana è uscita una previsione che non farà piacere a tutti quelli che passano la primavera a starnutire e a soffiarsi il naso.

Con il riscaldamento globale le allergie da pollini potrebbero durare tutto l’anno, con sintomi peggiori e più duraturi, e nell’arco di pochi decenni si potrebbe verificare un aumento del 200% nella quantità di pollini rilasciata dalle piante.

Per i 10 milioni di persone che in Italia soffrono di tali disturbi il problema non si limiterebbe più ai mesi primaverili ma a tutti e 12. Colpa dell’aumento delle temperature che provocano fioriture fuori stagione e un sovraccarico di pollini. Così la stagione critica per le allergie, inizierà fino a 40 giorni prima in primavera e si prolungherà di 21 in autunno. 

A causa dei cambiamenti climatici «stiamo registrando un aumento delle richieste di aiuto anche in periodi in passato insoliti, da parte di chi soffre di allergie solo in primavera – dice Gianenrico Senna, presidente della Società Italiana di Allergologia e professore di Malattie Respiratorie all’Università di Verona -. Moltissimi italiani rischiano di soffrire di allergie da pollini praticamente tutto l’anno, con sintomi peggiori e terapie che devono essere protratte nel tempo».

E le rilevazioni dei pollini nell’aria degli ultimi 30 anni mostrano cambiamenti. La parietaria, per esempio, che è una delle piante che causano più frequentemente le allergie in Italia e in tutto il bacino del Mediterraneo, e l’ambrosia, nel Nord Italia e in tutto il Centro Europa, hanno un allungamento della loro stagione di pollinazione. Con l’aumento delle temperature la parietaria rimane quasi tutto l’anno e continua a liberare polline fino a tutto settembre e ottobre. L’ambrosia, invece, comincia a fiorire a luglio e, complice il caldo, continua anche in autunno: «Questo comporta che le stagioni dei pollini delle diverse piante sono destinate sempre più ad emergere in contemporanea: se una volta si iniziava ad esempio con i pollini di cipresso e solo in un secondo momento arrivava la betulla, in futuro le ondate di pollini avverranno contemporaneamente nelle stesse settimane», spiega Senna.

«Se non ci decideremo a dare un taglio drastico alle emissioni di CO2, entro pochi decenni registreremo un aumento del 200% nella quantità totale di pollini rilasciata dalle piante. E’ ormai innegabile che i cambiamenti climatici – continua Gianenrico Senna – stanno avendo effetti non solo sulla durata delle malattie allergiche da pollini ma anche sulla loro intensità». 

Attenzione anche ai farmaci anti-allergici. «Sia le terapie con gli antistaminici, efficaci per gli starnuti e il naso che cola, sia quelle con i cortisonici per via inalatoria contro le ostruzioni nasali, non presentano particolari controindicazioni, ma è comunque fondamentale – conclude il Senna – che a prescriverli sia il medico con cui valutare anche la possibilità dell’immunoterapia allergene specifica».