Jacopo Giuliani, oncologo, si occupa di ricerca nell’ambito del Dipartimento Oncologico nell’Unità Operativa Complessa dell’Ulss9 Scaligera a Legnago. Come funziona, dottor Giuliani, il suo lavoro di ricerca sulla terapia dei tumori?

«Gli studi clinici svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo di nuovi trattamenti, nel riutilizzo di trattamenti esistenti e nell’affrontare aree “grigie” caratterizzate da necessità cliniche non ancora soddisfatte. La sperimentazione clinica – spiega Jacopo Giuliani- può quindi essere definita come uno studio scientifico che ha lo scopo di verificare l’efficacia sui pazienti di un farmaco sperimentale o nei confronti di un farmaco già in uso nella stessa patologia (standard terapeutico) o per malattie in cui non esiste una cura efficace in un determinato setting. Con l’avvento di trattamenti oncologici sempre più mirati a sottotipi molecolari e con la priorità data allo sviluppo di nuovi trattamenti, sta crescendo la necessità di una partecipazione multicentrica e internazionale alla sperimentazione per accedere a un numero di pazienti sufficiente per portare a termine con successo la sperimentazione stessa». 

Si sa che in Italia la ricerca, che pure abbiamo toccato con mano quanto sia importante durante la pandemia, non è sostenuta adeguatamente e chi la fa incontra spesso delle difficoltà…

«Sono stati individuati diversi ostacoli alla sperimentazione clinica: conoscenza inadeguata della ricerca clinica e della metodologia degli studi, mancanza di fondi, monitoraggio eccessivo, interpretazione eccessivamente restrittiva delle leggi sulla privacy, mancanza di trasparenza, requisiti normativi complessi ed infrastrutture inadeguate. C’è quindi la necessità di sperimentazioni cliniche randomizzate più pragmatiche condotte con bassi rischi di errori sistematici e casuali ed in cui la cooperazione multinazionale è essenziale».

Come opera la vostra unità operativa oncologica?

«In quest’ottica si inserisce l’Unità di Sperimentazioni Cliniche dell’ULSS 9 Scaligera, con l’obiettivo di fornire al paziente i farmaci oncologici più innovativi nell’ambito di sperimentazioni cliniche internazionali controllate grazie alla sinergica interazione tra competenze amministrative e cliniche. Attualmente- continua Giuliani-  presso il nostro Centro sono attivi 21 trial clinici: 16 di oncologia (4 per le neoplasie polmonari, 4 per le neoplasie ovariche, 3 per le neoplasie del distretto testa-collo, 3 per le neoplasie del distretto gastroenterico, 1 per le neoplasie mammarie e 1 di screening dei pazienti affetti da tumore per un accesso efficiente alle sperimentazioni cliniche) e 5 di radioterapia oncologica (2 per le neoplasie mammarie e 3 per le neoplasie metastatiche). I pazienti potenzialmente candidabili ad entrare in un trial clinico vengono attentamente valutati dal nostro staff in base a dei criteri di inclusione ed esclusione che ne determinano l’entrata o meno nel Trial stesso, oltre naturalmente al consenso informato (consenso volontario e informato) fornito dal paziente a partecipare allo studio clinico dopo aver ricevuto informazioni sugli scopi, le modalità ed i possibili rischi inerenti la partecipazione allo studio stesso».

Trova difficoltà a convincere i pazienti a entrare fin un Trial clinico di sperimentazione? 

«L’arruolamento in un Trial clinico rappresenta un’opportunità per il paziente in quanto da un lato garantisce al paziente i trattamenti più innovativi e dall’altro è garanzia di qualità del servizio stesso. I Trial clinici – precisa Jacopo Giuliani-  vengono infatti condotti in Good Clinical Practices (GCP), cioè secondo criteri di buona pratica clinica, ossia secondo uno standard internazionale di etica e qualità scientifica per la progettazione, la conduzione, la registrazione e la relazione inerente gli studi clinici che coinvolgano soggetti umani e devono garantire tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere del paziente e attendibilità ed accuratezza dei dati. Alla base c’è quindi una questione soprattutto di metodo, metodo che, una volta acquisito, può essere esteso anche alla pratica clinica quotidiana. La logica conseguenza è la ripercussione positiva sulla qualità generale dell’assistenza offerta ai pazienti.

In conclusione, come Dipartimento Oncologico siamo convinti di come la ricerca clinica possa essere considerata un valore aggiunto sia per i pazienti che per l’Azienda stessa, in quanto espressione di un miglioramento continuo della qualità offerta».