Approda a Roma, al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, la prima bozza del dossier redatto dalla Associazione Temporanea di Scopo “Val d’Alpone – faune, flore e rocce del Cenozoico”, di cui fa parte anche il Consorzio di Tutela del Soave, in vista dell’inserimento della Val d’Alpone tra i siti Patrimonio mondiale dell’Umanità UNESCO.

Si tratta di un passaggio dovuto, previsto nell’ambito del severo iter di riconoscimento, per verificare la coerenza e la correttezza dell’indirizzo dato alla documentazione dopo essere stati inseriti nella Tentative List italiana. Una volta conclusa anche la parte di verifica a livello ministeriale, il dossier verrà ufficialmente depositato a Parigi in attesa di valutazione da parte del Comitato del Patrimonio mondiale dell’UNESCO.

“I fossili di Bolca nell’eco-sistema marino della Val D’Alpone” (Bolca, San Giovanni Ilarione e Roncà)” – questo il titolo scelto dalla Associazione temporanea di scopo – potrebbero davvero diventare presto un nuovo sito UNESCO italiano alla luce della rilevanza paleontologica, storica, e culturale della zona.

La Val d’Alpone è infatti sede di rocce vulcaniche e sedimentarie marine che racchiudono giacimenti paleontologici del periodo Cenozoico o Terziario (periodo che va da circa 65 milioni di anni fa, col Paleocene, a circa 5 milioni di anni fa, col Pliocene), con particolare riguardo all’Eocene. Quest’area è unica anche per la grande biodiversità di fauna e flora e per l’eccezionale conservazione soprattutto dei pesci fossili, rinvenuti nelle due località più rappresentative di Bolca: la Pesciara e il Monte Postale. Tutto ciò fa del territorio della Val d’Alpone un sito di rilevanza mondiale per quanto concerne la paleontologia.

«Sotto il profilo culturale – sottolinea Giamberto Bochese, presidente della ATS – l’obiettivo è quello di disseminare il valore di questo patrimonio relazionandolo con il paesaggio attuale e con quello costituitosi nelle varie epoche storiche.  E’ necessario infatti costruire una consapevolezza diffusa dei valori naturali e culturali, nonché proporre un uso sostenibile e partecipato del territorio, valorizzando Musei, sedi di iniziative culturali, promuovendo la costituzione di reti e percorsi unitari integrati di sviluppo secondo le linee già promosse dall’UNESCO nel corso degli anni».

Sulle colline ad Est di Verona dove oggi cresce l’uva Garganega, madre del Soave, circa  50 milioni di anni fa, vi era un immenso mare tropicale, con pesci e specie vegetali caratteristiche. Le diverse formazioni rocciose, carbonatiche e vulcaniche, che contraddistinguono sia la zona di produzione del Soave, sia quella del Lessini Durello, si sono formate tra il periodo del Cretaceo, circa 145 milioni di anni fa, e quello dell’Eocene, circa 34 milioni di anni fa.

Durante questo lungo intervallo di tempo il territorio della Val d’Alpone è stato interessato dalla deposizione di sedimenti carbonatici di mare variamente profondo e dai prodotti di una attività vulcanica intensa ed estesa. Considerata la particolare storicità che caratterizza le colline dell’Est Veronese da tempo si parla ormai di Distretto italiano del vino bianco da suolo vulcanico.

«Per capire bene chi siamo oggi dobbiamo prima di tutto aver chiaro in mente da dove veniamo – evidenzia Igor Gladich, direttore del Consorzio del Soave -. Abbiamo scelto di affiancare l’ATS in questo ambizioso progetto in vista del riconoscimento della Val d’Alpone quale sito Patrimonio mondiale dell’Umanità perché siamo fermamente convinti che ci siano i requisiti e perché, soprattutto, la storia di queste antiche colline appartiene in maniera inscindibile alla nostra denominazione e la si ritrova in ogni singolo calice di Soave».

L’impegno del Consorzio del Soave in vista del prestigioso riconoscimento è in linea per altro con quanto l’ente di tutela sta portando avanti sul fronte della valorizzazione della denominazione a livello internazionale nell’ambito del progetto HEVA – Heroes of Europe Volcanic Agricolture, la misura di promozione 1144 che coinvolge oltre a quello del Soave anche il Consorzio del Lessini Duello, il Consorzio del Monte Veronese e Santo Wines, Consorzio vini di Santorini.

Con il progetto HEVA, che mira a valorizzare e a promuovere eccellenze agricole prodotte su suolo vulcanico, il Soave sta conducendo una strategica azione di valorizzazione della denominazione nei mercati del Nord Europa, con particolare attenzione alla Germania, alla Svezia e all’Olanda. Tale progettualità comprende anche attività di incoming stampa specializzata e operatori di settore i quali, una volta giunti in loco, potranno davvero toccare con mano rocce vulcaniche formatesi oltre 30 milioni di anni fa e capire, calice alla mano, direttamente in vigneto, cosa significhi “fattore vulcano” per il comprensorio produttivo del Soave.

Il gruppo di lavoro impegnato nella stesura del dossier da presentare alla sede UNESCO di Parigi, oltre alla presenza di Giamberto Bochese, in qualità di presidente, comprende Roberto Zorzin, consulente ATS già conservatore del Museo di Storia Naturale di Verona, Fabio Saggioro, professore di Archeologia Medievale all’Università di Verona, Domenico Zugliani, Consulente ATS già responsabile dell’Ufficio UNESCO del Comune di Verona, Massimiliano Valdinoci, architetto e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Verona e da un nutrito comitato scientifico proveniente dalle università di Padova, Torino, Modena e Reggio Emilia. Il lavoro per la stesura del dossier è coordinato dal professor Pierluigi Petrillo, dell’UNITELMA Sapienza di Roma, e sostenuto e condiviso dalla Regione Veneto.