I medici di famiglia del Veneto aderenti alla Fimmg, il più grande sindacato della categoria, hanno proclamato lo stato di agitazione. Lo ha annunciato ieri il segretario regionale Maurizio Scassola. I promessi tavoli di trattativa con la regione non sono mai stati fatti e i medici hanno perso la pazienza. Per ora è stato d’agitazione, ma, come ventilato da Scassola, potrebbe diventare sciopero, precisando però che non sarà una decisione facile, perché i camici bianchi non vogliono mai andare contro i loro assistiti. Ma quando gli interlocutori sono sordi alle loro richieste lo sciopero rimane l’ultima arma disponibile.
I medici Fimmg fanno sapere che le loro proposte sulla riorganizzazione dell’assistenza non sono mai state prese in considerazione, tanto da sentirsi estranei al servizio pubblico regionale. Quella dei sindacati non è una rivendicazione economica, ma una richiesta di essere coinvolti e ascoltati.

I medici di base percepiscono 50 euro annui per ogni assistito. Con un massimale di 1.800 assistiti – e con la mancanza di medici che c’è è una cifra facile da raggiungere- un medico di famiglia può percepire sugli 8 mila euro mensili lordi, che possono aumentare con le indennità per i pazienti da seguire a casa o nelle case di riposo. Una retribuzione equa, purché fatta con coscienza.

Domenico Crisarà, vice segretario nazionale e presidente dell’Ordine dei Medici di Padova, è dispiaciuto per la decisione di proclamare lo stato d’agitazione, che però a questo punto diventa inevitabile perché nulla si sta facendo per far fronte alla mancanza di medici e alle difficoltà per l’assistenza agli anziani.

E a proposito di mancanza di medici si sta profilando un fenomeno  nuovo. In provincia di Vicenza e di Treviso il vuoto lasciato sul territorio dai medici di base andati in pensione dopo aver compiuto il settant’anni -e su questo limite il governo c’ha messo una pezza spostando di due anni il limite d’età per chi vuole continuare il servizio- viene riempito da dei medici liberi professionisti. In sostanza là dove il medico di base del Ssn non c’è più, arriva il medico di base ‘privato’: 150 euro a visita, senza code, senza fretta e con molta disponibilità.

Certo, è un’anomalia. Certo, è una sconfitta del sistema sanitario. Certo, è un vulnus al principio dell’universalità su cui si regge l’assistenza sanitaria nel nostro paese. Ma questa è la realtà: dove c’è un vuoto arriva sempre qualcuno che lo riempie. E la colpa non è certo del medico di famiglia ‘privato’. E’ di quei governi che si sono fin qui succeduti mantenendo il numero chiuso a medicina e sbagliando di brutto la programmazione del fabbisogno di medici nel paese. Non solo. C’è anche una responsabilità di quei governi che, perfino dopo aver toccato con mano che cosa significa un’emergenza come quella del Covid e di quanto sia importante avere un servizio sanitario efficiente, non hanno provveduto a correggere il rapporto spesa sanitaria/Pil, che in Italia è del 6,1%, la metà della media europea. Se si vuol far funzionare la sanità ci vogliono più risorse. Non si possono fare le nozze coi fichi secchi.