Il rapporto analizza nel dettaglio l’andamento nel tempo e il confronto con il periodo pre-pandemia dei diversi indicatori in 12 aree in cui è articolato il “benessere” delle persone: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.

I dati più recenti che consentono di effettuare confronti con il 2019 (109 indicatori sul totale di 152) mostrano che per 58 indicatori di benessere, oltre la metà, si registra un miglioramento nell’ultimo anno disponibile rispetto al livello del 2019, un terzo si trova su un livello peggiore rispetto al 2019, mentre il restante 13,8% degli indicatori si mantiene stabile sui livelli pre-pandemici.

I progressi sono più diffusi nei domini Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (oltre il 72% degli indicatori migliora rispetto al 2019). Seguono i domini Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività con due terzi degli indicatori in miglioramento.

Tra i domini che presentano un andamento complessivamente più critico negli ultimi tre anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.

In una situazione intermedia si trovano i domini Salute e Ambiente: nel primo il 36% circa degli indicatori è rimasto stabile, una quota analoga di indicatori è migliorata, ma oltre un quarto si trova su livelli peggiori rispetto al 2019; nel secondo la percentuale di indicatori rimasti stabili resta consistente (circa il 31%), ma oltre la metà è in miglioramento rispetto al periodo pre-pandemico.

Anche il dominio Paesaggio e patrimonio culturale presenta un mix di andamenti, con quote equivalenti di indicatori che migliorano e che peggiorano (circa il 43%).

L’Istat rileva poi che, sempre in riferimento alla Salute, per gli adulti è quello con l’andamento peggiore (cinque indicatori su sei registrano un peggioramento) ed è elemento di vulnerabilità anche per i giovani tra 14-24 anni, con la metà degli indicatori che peggiorano.

L’eccesso di mortalità connesso alla diffusione della pandemia ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre un anno di vita (82,1 anni rispetto agli 83,2 del 2019), solo parzialmente recuperata nel 2021 (82,5 anni) e nel 2022 (82,6).

Nel 2022, il gap di genere ritorna al livello pre-pandemico (4,3 anni), dopo aver subito un ampliamento nei due anni precedenti.

L’analisi territoriale mette in evidenza come, nel 2022, nessuna regione sia tornata ai livelli di vita media attesa del 2019; soltanto alcune regioni hanno in buona parte recuperato gli anni di vita persi durante il biennio di pandemia. Complessivamente, le variazioni nella speranza di vita registrate tra il 2020 e il 2022 modificano molto poco la geografia della vita media attesa, consolidando le ben note disuguaglianze territoriali che vedono la Campania con la più bassa speranza di vita alla nascita (80,9 anni), quasi tre anni in meno rispetto a Trento (84,0 anni).

Nel 2022, la speranza di vita in buona salute si stima pari a 60,1 anni. L’andamento di questo indicatore ha segnato un punto di rottura dopo la pandemia per gli opposti andamenti delle due componenti dell’indicatore (speranza di vita e prevalenza della buona salute percepita), facendo registrare sia nel 2020 che nel 2021 valori superiori rispetto al 2019 (era pari a 58,6 anni). L’andamento è dovuto al picco di aumento della quota di persone che aveva valutato positivamente le proprie condizioni di salute nel contesto della pandemia.

Permane il divario di genere a vantaggio degli uomini, con oltre due anni di differenza (61,2 e 59,1 rispettivamente per uomini e donne).

Nel 2022, l’indice di salute mentale risulta pari a 69,0, in leggero miglioramento sia rispetto al 2021 sia rispetto al 2019 (68,4 in entrambi gli anni). L’analisi per età mette in luce, tuttavia, il forte contraccolpo in termini di benessere psicologico subito negli ultimi due anni dai più giovani, specialmente dalle ragazze, tra le quali l’indicatore si mantiene su valori peggiori rispetto al periodo pre-Covid, sia nella fascia di età 14-19 anni sia, in maniera ancora più critica, in quella 20-24.

Tra gli indicatori di mortalità per causa si evidenzia, nel 2020, un peggioramento di quello relativo alla mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso nella popolazione anziana (passato da 34,0 per 10mila abitanti del 2019 a 35,7 del 2020), confermando il trend in negativo già registrato negli anni precedenti. Si osserva, inoltre, l’arresto del progressivo miglioramento osservato fino al 2019 dell’indicatore di mortalità evitabile (era pari a 15,5 per 10mila residenti nel 2019 e si attesta a 16,5 nel 2020).

Nel 2021, si conferma la riduzione della mortalità per incidenti stradali dei giovani di 15-34 anni (con l’indicatore pari a 0,6 per 10mila residenti, rispetto a 0,7 per 10mila residenti del periodo 2013-2019), già sperimentata nel 2020 (0,5) per effetto delle restrizioni agli spostamenti per contenere la diffusione della pandemia.

Nel 2022, è pari al 36,3% la quota di persone sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere né sport né attività fisica nel tempo libero. L’indicatore mostra un significativo peggioramento rispetto al 2021 (quando era pari al 32,5%) e si riallinea, invece, ai livelli registrati nel biennio pre-pandemico 2018-2019.

L’eccesso di peso tra la popolazione adulta, in crescita nel 2020 (quando era pari a 45,9%), si riallinea sia nel 2021 che nel 2022 ai livelli pre-pandemia (con valori rispettivamente pari a 44,4 e 44,5%). La componente dell’indicatore relativa all’obesità rimane tuttavia in aumento nel lungo periodo.

Nel 2022, è pari al 16,8% la quota di popolazione di tre anni e più che ha consumato giornalmente almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura, in continua diminuzione negli ultimi anni (sfiorava il 20% nel periodo 2015-2018).

Nel 2022, è pari al 20,2% la quota di fumatori di 14 anni e più, in aumento rispetto al 2019 (18,7%). L’abitudine al fumo è più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne (24,2% contro 16,3%). Nel tempo, l’aumento del numero di donne fumatrici determina una riduzione di tale distanza (era pari a 11,2 punti percentuali nel 2010 e arriva a 7,9 punti percentuali nel 2022). Gli incrementi osservati tra il 2021 e il 2022 hanno però riguardato essenzialmente gli uomini (+1,1 punti percentuali rispetto a +0,3 delle donne), torna dunque ad ampliarsi il gap di genere.

L’abitudine al consumo a rischio di bevande alcoliche ha interessato nel 2022 il 15,5% della popolazione di 14 anni e più. Ritorna così al livello del 2019 (quando era pari al 15,8%), dopo l’aumento di circa 1 punto percentuale registrato tra il 2019 e il 2020 e la successiva diminuzione nel 2021 (-2 punti percentuali).

L’aumento nella quota dei consumatori a rischio osservato nel 2022 ha riguardato esclusivamente l’incremento dell’abitudine al binge drinking cresciuta soprattutto tra i ragazzi e gli adulti di 14-44 anni (dal 10,4% del 2021 all’11,7% del 2022).