Gelata sulle aspettative di crescita del PIL – che chiuderà a fine anno con un misero più 0.6% – , consumi delle famiglie praticamente immobili, più 0.8% a fine anno, e inflazione al 5,6% a bruciare risparmi e capacità di spesa: queste le previsioni elaborate dal business panel formato da imprenditori e professionisti (cui partecipano anche Giornale Adige e Target Notizie) realizzato da ItalianiCoop nei giorni scorsi. Il rapporto andava a sondare le aspettative economiche e politiche legate al prolungarsi del conflitto in Ucraina.

Intanto, quanto durerà? il pessimismo del panel trova conferma in questa valutazione: ben il 50% del campione prevede una cessazione delle ostilità nella fine di quest’anno e/o nel 2023; mentre l’8% prevede che prosegua anche nel 2024, una percentuale analoga a quanti prevedono un cessate-il-fuoco entro l’estate. Soltanto un osservatore su cinque prevede però che una ulteriore escalation possa coinvolgere altri Paesi nonostante le minacce delle ultime settimane. Il costo economico del conflitto sarà maggiore di quello avuto per il Covid nonostante le prospettive di piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina di cui già si parla e che potrebbe coinvolgere moltissime imprese europee.

Questo conflitto disegnerà comunque un nuovo ordine mondiale che vedrà due grandi vincitori – Cina e Stati Uniti-, l’emergere di nuove potenze regionali come l’India e il Regno Unito, e la grande riduzione di peso di altre potenze regionali quali l’Italia, la Germania e – ovviamente – la Russia. L’Unione Europea non incasserà dividendi né un aumento del suo ruolo. Chi invece pagherà il “vero” costo di questo conflitto è la globalizzazione: il 77% del business panel prevede il suo azzeramento o la trasformazione in qualcosa di profondamente diverso dal modello attuale.

Se l’Europa non vedrà crescere il suo ruolo nel mondo, questo non vuol dire che Bruxelles non conterà più nulla all’interno dei 27: il 71% del campione prevede l’avvio di una difesa comune e il 39% un ruolo più forte della Commissione, mentre il 36% un maggiore senso di appartenenza all’Europa da parte dei cittadini. Ci sarà maggiore convergenza sui temi sociali e più scambi all’interno dell’Unione anche se il pericolo di populismi e nazionalismi resterà alto (ben il 28%).

Resta lo scenario italiano: fra le poche notizie positive la considerazione che il gran numero di rifugiati ucraini alla fine si riveli più un’opportunità che un costo (in vista anche della futura ricostruzione), ma nel brevissimo termine avremo più inflazione, meno consumi, meno produzione industriale e quindi meno crescita e più debito pubblico.

Ultimo capitolo, le aziende. Il panel è composto da operatori economici: ben l’88% è certo di dover affrontare nelle prossime settimane una o più di queste difficoltà: aumento costi dell’energia (61%); incremento dei prezzi d’acquisto (52%); difficoltà nel reperire materie prime, calo della domanda estera e incrementi del costo del lavoro. Come reagiranno le imprese? scaricheranno i costi sui consumatori finali, manderanno i dipendenti in smart working, cercheranno sistemi di produzione meno costosi, investiranno in efficientamento energetico e nell’autoproduzione di energia.