Kiwi ancora alla ribalta. Gli agricoltori veronesi sono preoccupati per gli scenari che si stanno prospettando per le coltivazioni dell’actinidia sia in vista degli indennizzi previsti dalla Regione Veneto sia per il futuro del comparto. A renderlo noto è la Coldiretti scaligera che a voce del suo presidente Claudio Valente manifesta una certa inquietudine per un prodotto che fino alla comparsa della batteriosi del kiwi (Psa) ha dato grandi soddisfazioni agli agricoltori. “E’ ormai noto che la Psa ha creato e sta creando gravissimi danni al comparto veneto – ammette il presidente – con 64 ettari identificati nel 2013 con decreto di estirpo più un centinaio in attesa di decreto. Ma è molto difficile pronosticare l’evolversi dell’infezione e quindi il numero degli ettari coinvolti. A nostro parere, quindi, i 250.000 euro che la Regione Veneto metterà a disposizione come indennizzi per gli imprenditori agricoli le cui aziende sono state interessate da provvedimenti obbligatori di estirpazione e distruzione delle piante, per prevenire il diffondersi della malattia, sono troppo esegui e resterebbero tali anche se l’importo fosse raddoppiato”. “Il rischio – prosegue Valente – è che possano essere risarciti solo coloro che hanno già ottenuto la certificazione del danno dall’osservatorio del Servizio Fitosanitario Regionale mentre chi decidesse di attivarsi ora rischierebbe di restare fuori dagli indennizzi”.
Nel veronese le coltivazioni di actinidia coprono circa 2500 ettari che producono circa 600.000-700.000 quintali di prodotto per un giro d’affari di 45 milioni di euro per le aziende agricole.
“Siamo alla ricerca di soluzioni per la Psa del kiwi anche se a tutt’oggi l’intervento più efficace per le piante sono i trattamenti preventivi a base di rame raccomandati agli agricoltori – aggiunge il direttore Pietro Piccioni – che stanno iniziando a dare risultati incoraggianti”. “Certamente – dice il direttore – chi ha dovuto estirpare le piante ha necessità di ottenere un indennizzo ma anche di individuare una strategia efficace nel caso decidesse di riconvertire le produzioni a seguito dell’estirpo delle piante di actinidia. Per questo sarebbe opportuno un nuovo piano ortofrutticolo regionale che inserito nel nuovo Psr (Piano di sviluppo regionale) possa dare garanzie agli agricoltori prevedendo, tra l’altro, la possibilità di soddisfare retroattivamente i produttori che hanno già espiantato ma non sono stati indennizzati per mancanza di risorse”.
“C’è inoltre da segnalare una nuova situazione negativa per le piante di actinidia – dice Claudio Valente – si tratta di una moria per cui sembra che la pianta vada sotto stress idrico ma in realtà si secca anche se irrigata. Anche per questa malattia siamo coinvolti nel progetto di ricerca avviato dal Consorzio di tutela del kiwi veronese con la collaborazione della Camera di Commercio, Provincia di Verona e comuni del territorio”.
“E’ possibile pensare a una riconversione delle colture – conclude Piccioni – ma ciò può avere successo se alla base è individuata una programmazione e un’organizzazione in grado di studiare le esigenze del mercato italiano ed estero per una migliore commercializzazione del prodotto. Occorre un tavolo comune affinchè realizzi uno studio per selezionare le varietà dei prodotti da coltivare con il minor impatto ambientale e di gradimento al pubblico e individuare le migliori politiche commerciali e promozionali. Il problema della riconversione del comparto non è solo dei produttori agricoli ma di tutta la filiera coinvolta”.