Tra gli effetti negativi che la mancanza di medici di base ha sulla salute degli italiani c’è quello di ritardare la diagnosi dell’insufficienza renale cronica che, come altre patologie, è in aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione. Si pensa che a soffrirne sia l’1% degli over 65. Il più delle volte si tratta di pazienti che hanno il diabete e si muovono poco. La strada obbligata per questi pazienti è il trapianto di reni, ma nell’attesa è la dialisi la terapia salvavita, che oggi può essere fatta anche a casa. Quando gli viene diagnosticata l’insufficienza renale il paziente viene messo in lista d’attesa per il trapianto che in media avviene dopo tre anni. Lombardia, Veneto e Piemonte sono le regioni dove si effettuano più trapianti di rene. Da ricordare, tra l’altro, che il primo in Italia venne eseguito a Verona all’ospedale di Borgo Trento da Piero Confortini nel 1968. Da qui il nome di ‘polo Confortini’ al nosocomio veronese.

Prima viene fatta la diagnosi, prima il paziente può essere messo in lista d’attesa e prima può avvenire il trapianto di rene, accorciando l’iter della dialisi, con tutti i disagi che essa comporta.
E per fare diagnosi non occorrono chissà quali indagini o chissà quali strumenti, basta un semplice esame del sangue ed uno delle urine. Perciò la mancanza di molti medici di famiglia che lasciano scoperti migliaia di utenti del Ssn va ad incidere negativamente nello screening e nella prevenzione dell’insufficienza renale con un costo umano ed economico pesante per il malato e per la collettività