(di Elisabetta Tosi) Amarone: quello delle bottiglie di vino da collezione è un settore che in genere associamo ai grandi chateaux francesi, essendo Bordeaux (ma anche la Champagne) le due regioni che da sempre attirano l’attenzione degli appassionati, ma con l’ingresso di nuovi consumatori, come i giovani e le donne, le cose stanno cambiando, e si aprono interessanti prospettive di successo nel mondo del collezionismo anche per vini come l’Amarone della Valpolicella.

Amarone, l’analisi del Knight Frank Luxury Investment index

Amarone: the next big thing?” , è stato infatti il titolo di una masterclass riservata alla stampa estera e organizzata dal Consorzio Vini Valpolicella in apertura dell’edizione 2024 di “Amarone Opera Prima”, dedicata all’annata 2019 del grande rosso veronese.

«L’Amarone ha tutto il potenziale per essere un vino da collezione – ha detto il relatore della masterclass, l’esperto e wine educator JC Viens – Ci sono vari tipi di collezionisti di vino, quelli che lo fanno come investimento sono solo il 10%. I veri collezionisti di vino sono degli appassionati, non comprano per lucrare».

Secondo il Knight Frank Luxury Investment Index, l’indice che analizza l’andamento di 10 tipologie di beni di lusso da collezione, in questa classifica le prime posizioni sono occupate rispettivamente dall’arte (30%), seguita da gioielli e orologi (10% ciascuno), monete antiche (8%), mentre il vino – al sesto posto con un valore del 5% –  precede le auto d’epoca.

Perchè la gente colleziona vini? «Perchè è un asset alternativo – ha spiegato Viens – Per combattere l’inflazione e perchè, se non altro, lo puoi bere!  I veri collezionisti di vino sono degli appassionati, non comprano per lucrare. Spendono moltissimo, ma sono anche felici di condividere con altre persone il loro tesoro».

Amarone, il settore del fine wines cresce del 18% l’anno

 Sono più di vent’anni che il collezionismo del vino galoppa nelle preferenze di chi può permettersi questo genere di hobby,  con una crescita del 18% anno su anno. «Merito sia di una maggiore conoscenza del prodotto e della crescita della ricchezza a livello globale, ma anche di Internet e dell’affacciarsi di nuovi consumatori che amano bere fine wines (vini pregiati, rari, brand storici): i giovani».

Il collezionismo si sta diversificando: se in passato era dominato dalle celebri etichette di Bordeaux o della Champagne, dallo scoppio della pandemia in poi è l’Italia ad emergere di più, sia perché sempre più giovani e donne hanno iniziato a interessarsi al vino, sia perché la stessa definizione di “fine wine “ si è ampliata.

«Ad oggi sono i vini italiani a dimostrarsi i più resilienti – ha detto JC Viens – Mentre per i vini della Borgogna o dello Champagne si registrano dei cali di domanda, per quelli italiani la domanda continua ad essere sostenuta». In questo mercato così particolare, esigente ed elitario, l’Amarone della Valpolicella avrebbe delle ottime chances di successo: «Ora i collezionisti cercano le novità, hanno capito che in Italia, a parte Piemonte e Toscana, ci sono anche altre regioni che possono offrire vini di grande valore, e il Veneto è tra queste».”

Amarone, i valori di mercato sono ancora bassi

Un fine wine, soprattutto se considerato da collezione, dev’essere un vino capace di migliorare col tempo, con un gusto complesso, tipico della sua zona di produzione (che a sua volta dev’essere famosa), prodotto in piccole quantità da un enologo /produttore famoso e, almeno in certi mercati, deve spuntare alti punteggi dai critici più famosi. Tutti requisiti che molti Amarone della Valpolicella già possiedono.

«Oggi l’Amarone inteso come vino da collezione si può imporre come un fenomeno molto recente – ha concluso il relatore – Viene da un territorio storico, è fatto con un blend di uve, ha un grande potenziale di invecchiamento ed è presente ovunque nel mondo. Sono gli stessi fattori chiave del Bordeaux. Deve però crescere nel prezzo, perchè non è facile aumentare il proprio valore senza crescere di prezzo. E oggi il suo valore è più basso di quello che potrebbe essere. Infine, il fatto che non ci sia abbastanza documentazione storica tradotta in inglese dal latino o dall’ italiano, é un grosso ostacolo per gli stranieri che vogliono approfondire la sua conoscenza».